William Eggleston e l’inizio della fotografia a colori
Parlare di un grande della fotografia come William Eggleston non è semplice. Eggleston è uno dei padri della fotografia contemporanea, colui che definì “L’inizio della fotografia moderna a colori” e a detta dei cittadini di Memphis il loro artista più famoso secondo solo a Elvis Presley. Diamo un occhio ad una delle sue opere più importati che a metà degli anni ’70 lo portò alla ribalta nel mondo dell’arte.Nato nel 1939 a Memphis, verso la fine degli anni ’50 un compagno di classe lo convince a comprare una macchina fotografica e ne rimase subito affascinato. Influenzato da Robert Franke Henri Cartier-Bresson cominciò a fotografare in bianco e nero.Tra il 1965 e 1966 cominciò a sperimentare il colore, lavorandoci sopra per una decina d’anni, fino a pubblicare 14 prints un portfolio di 14 stampe Dye Transfer (tecnica ad altissima qualità ormai scomparsa, scoperta da Eggleston per caso in un negozio di Chicago).
Ma una delle sue foto più famose risale al 1973, Red Ceiling, foto raffigurante un soffitto rosso con un ventilatore bianco e dei cavi bianchi che convergenti si uniscono ad esso. Definita da lui stesso una ripresa dal punto di vista di una “mosca in volo” questa fotografia riassume in qualche modo lo stile e la filosofia di William Eggleston.Colori forti, spesso punti di vista particolari, cose assolutamente normali (che al tempo non avrebbe fotografato nessuno) però viste con un occhio particolare.Citando il suo amico e ammiratore David Byrne “molta gente guardando le foto di Bill dice dov’è il capolavoro? dov’è la grande foto?”Forse è proprio questo il punto, William Eggleston i capolavori li crea. Partendo dalla banale, dal volgare, dal normale; ha dimostrato che queste sono interpretazioni che stanno nell’occhio di chi guarda, ma si possono intendere in maniera diversa. A metà anni ’80 conia la definizione difotografia democratica, tutto merita di essere fotografato.Un po il pensiero del nostro Luigi Ghirri (Eggleston è un estimatore del lavoro di Ghirri) che voleva ridare “dignità alle piccole cose“. Ricordiamo che dai primi anni ’70 Ghirri in Italia stava facendo un percorso analogo, anche se con risultati diversi.
Il 1976 è l’anno che per Eggleston segna la svolta con l’importate mostra al MOMA di New Yorkcurata da John Szarkowski che credette fin da subito al suo lavoro e alle innovazioni del fotografo. Visione non condivisa da tutti, ad esempio l’importante critico Hilton Kramer definì il lavoro di Eggleston “il banale che conduce al banale”.In occasione della mostra al MOMA venne pubblicato il libro-catalogo William Eggleston’s Guide, con una ricca introduzione dello stesso Szarkowski che definisce l’opera come “L’inizio della fotografia moderna a colori”.Lavoro che pochi anni dopo aprì la strada anche ad altri fotografi come Stephen Shore o Nan Goldin.Oggi sembra banale ma in quegli anni non lo era, non fu il primo ad usare il colore ma sicuramente fu colui che lo nobilitò definitivamente.Grandi fotografi come Steinchen e Stieglitz testarono con entusiasmo le prime rudimentali lastre colore nei primi del ’900, ma la cosa finì per essere abbandonata. Ansel Adams più avanti sperimentò il colore (al tempo di predominio assoluto Kodak), definendolo un linguaggio ancora immaturo; Walker Evans disse “la fotografia a colori è volgare”, salvo dopo pochi anni comprarsi la Polaroid e dedicarsi fino alla fine dei suoi anni a questo giocattolo (come Kertèsz); Henri Cartier-Bresson lapidario come sempre lo definiva un’ulteriore complicazione all’organizzazione della foto; Dorothea Lange invece dichiarò “i Tropici e forse l’Asia, non possono essere fotografati a colori”. Ernst Haas in controtendenza lo usò nei primi anni ’50, ma diversamente da Eggleston, Haas lo usava per fare i suoi mossi astratti.
William Eggleston’s Guide è un lavoro ancora oggi rivoluzionario, scattato vicino a casa, riporta una un costume americano dell’epoca in una maniera assolutamente innovativa.Il libro si apre con una porta d’entrata di una casa, come un viaggio che sta per iniziare; una porta chiusa che una volta aperta ti porta alla scoperta di qualcosa; la scoperta è la sensazione che si ha su tutto il libro, le foto di Eggleston sembrano fatte da una persona appena svegliata da un coma, che vaga per le città senza scopo, attratto da forme, colori e personaggi per lui sempre nuovi.Eggleston usa punti di ripresa normali o particolari, indistintamente da quello che fotografa, non c’è una gerarchia. I personaggi che incontra sembrano ritratti mentre guardano qualcosa che non capiscono, o sembrano eludere una domanda banale, che hanno capito ma a cui non vogliono rispondere.Uno sguardo “semplice” attratto luci o da situazioni appena viste che non è riuscito a riprendere con la fotocamera, ma si accontenta di fotografare dopo.Si ha la sensazione che l’autore (o il protagonista) sia alla ricerca di un punto di riferimento che non arriva mai. Una fotografia molto vicina al cinema, concetto poi sviluppato anche da Philip-Lorca di Corcia.Gran parte delle fotografie di Eggleston sono apparentemente molto semplici, non c’è un’evidente ricerca stilistica o di sorprendere, sembra quasi che il fotografo lanci una sfida allo spettatore “io ho notato qualcosa, vediamo se la noti anche tu”.
William Eggleston’s Guide è un’opera fondamentale della fotografia contemporanea, che non solo definisce quanto fatto da Eggleston fino a quegli anni e quanto farà in futuro, ma influenzerà la fotografia e il cinema mondiale.Un critico del The Observer ha scritto: “sarebbe difficile immaginare il mondo secondo David Lynch, Gus Van Sant, Juergen Teller o Sofia Coppola senza William Eggleston”. Film comeVelluto Blu o Elephant sono chiaramente ispirati alla fotografia di Eggleston.
La sua fotografia arrivò anche alla musica, infatti molti musicisti utilizzarono e tutt’ora utilizzano sue fotografie per le proprie copertine, qui trovate un’interessante lista, abbastanza completa (manca Transference degli Spoon del 2010).Ad oggi William Eggleston ha pubblicato diverse decine di libri, oggi introvabili se non a costi assurdi, per un elenco completo potete andare qui.Anche se da non molto è stato ripubblicato William Eggleston’s Guide ad un prezzo accessibilee a breve Steidl (editore tedesco) pubblicherà altri vecchi volumi in edizione, speriamo, economica.La sua sterminata produzione vede 60.000 immagini, e il valore delle sue opere si alza di anno in anno. Il famoso Triciclo nel 1998 è stato venduto a quella che sembrava una cifra record di 45.000$, ad oggi vale 275.000$.A metà Gennaio di quest’anno (2012) è stata annunciata la costruzione di un museo da 15 milioni di Dollari, a lui dedicato, ovviamente a Memphis, che secondo le previsioni vedrà la luce nel 2013.
www.visionionweb.it/
William Eggleston (Memphis, 27 luglio 1939) è un fotografo statunitense, tra i primi a sdoganare l'uso del colore nella fotografia d'arte.
Biografia
Nato a Memphis, Tennessee e cresciuto a Sumner, Mississippi, William Eggleston frequenta il college alla Webb School di Bell Buckle, Tennessee dove però non riesce ad integrarsi appieno, anche a causa della sua predisposizione verso il disegno e la musica.
In seguito frequenta due diverse università nel giro di due anni (la Vanderbilt University per un anno e la Delta State College per un semestre) prima di iscriversi alla University of Mississippi (Ole Miss) che frequenterà per cinque anni senza però conseguire la laurea. Tuttavia è proprio in questo periodo, precisamente nel 1958, che acquista la sua prima Leica e comincia ad appassionarsi allafotografia.
sflyes
In divenire
venerdì 8 marzo 2013
martedì 26 febbraio 2013
Split Vote Sends One Clear Message in Italy: No to Austerity
ROME — Italian voters delivered a rousing anti-austerity message and a strong rebuke to the existing political order in national elections on Monday, plunging the country into political paralysis after results failed to produce a clear winner.
Analysts said that the best-case scenario would be a shaky coalition government, which would once again expose Italy and the euro zone to turmoil if markets question its commitment to measures that have kept the budget deficit within a tolerable 3 percent of gross domestic product. News of the stalemate sent tremors through the financial world, sending the Dow Jones industrial average down more than 200 points.
Although analysts blamed the large protest vote on Italy’s political morass and troubled electoral system, the results were also seen as a rejection of the rapid deficit-reduction strategy set by the European Commission and European Central Bank — from a country too big to fail and too big to bail out.
“No doubt Italy has an imperfect political culture, but this election I think is the logical consequence of pursuing policies that have dramatically worsened the economic and social picture in Italy,” said Simon Tilford, the chief economist of the Center for European Reform, a London research institute.
“People have been warning that if they adhere to this policy there will be a political cost, there will be backlash,” he added. “It couldn’t have taken place in a more pivotal country.”
In an election marked by voter anger and low turnout, the center-left Democratic Party appeared to be leading in the Lower House with 29.6 percent, with 99 percent of the votes counted, and in the Senate with one-third of the votes counted by midnight local time.
But that outcome did not give the Democrats a clear victory because the center-right People of Liberty Party of former Prime Minister Silvio Berlusconi was leading in several populous regions that carry more Senate seats, potentially giving him veto power and raising the prospect of political gridlock.
Even before the final result, the election was a clear victory for the Five Star Movement of the former comedian Beppe Grillo, which in its first-ever national elections appeared to win about 25 percent of the vote in the Lower House. Italians from both right and left — and the wealthier north and poorer south — were drawn to Mr. Grillo’s opposition to austerity measures and cries to oust the existing political order.
And it was a stinging defeat for the caretaker prime minister, Mario Monti, a newly minted politician whose lackluster civic movement appeared to win around 10 percent in both houses. “Grillo had a devastating success; the rest of the situation is very unclear,” said Stefano Folli, a political columnist for the daily business newspaper Il Sole 24 Ore.
Either the Democratic Party and the People of Liberty Party “will form a grand coalition committed to reforms and changing the electoral law, which would be very difficult, or Italy will be ungovernable,” Mr. Folli added.
Mr. Monti’s caretaker government remains in place with full powers until a new government is formed. Appearing on television on Monday evening, Mr. Monti said he felt “tremendous regret” that during his tenure the political parties were not able to change Italy’s electoral law so as to guarantee more political stability. “It is a great responsibility of the political forces, and one of the reasons for the disaffection and distance from and the revindication of the political class,” he added.
Under Italy’s complex electoral laws, it is extremely hard for any one party to gain a strong ruling majority needed to manage an economy with rising unemployment and a credit crunch, let alone push through structural changes to the ossified economy. Instead, the parties have resisted change to protect their own power bases.
The results of this election would appear to represent new depths of gridlock, and few experts expected any party to form a governing coalition strong enough to prevail for long. Nicolas Véron, an economist and a senior fellow at Bruegel, a Brussels-based research institute, said that regardless of who ultimately controls the levers of government, “the key question is whether we can have serious structural reform.”
Italy “was a work in progress before the elections,” Mr. Véron added, “and I think investors understand that it will remain a work in progress for some time.”
When he came to power in November 2011, after Mr. Berlusconi stepped down amid intense market turmoil, Mr. Monti was praised for restoring international confidence in Italy. Although he won plaudits from European leaders and President Obama, Italians disliked him for raising the retirement age and taxes.
“Taxes, taxes and more taxes, that’s what voters remember the most from Monti,” said Stefano Sacchi, a professor of political science at the University of Milan. “When he stopped being a technocrat and became a politician, he came under fire for the same issues Italians blame other politicians for.”
While Mr. Monti said repeatedly that if Italy managed to make its economy more competitive, taxes could eventually be lowered, his message was drowned out in the final days of a chaotic campaign by Mr. Grillo’s anti-austerity message — his party may even decide to hold a referendum on whether Italy should remain in the euro zone — as well as by Mr. Berlusconi’s antics.
The former prime minister told voters that he would reimburse them for an unpopular property tax and sent campaign literature in envelopes that read “2012 Tax Refund” in the same typeface used by Italy’s tax collection agency.
But the most startling result of the election was the success of the Five Star Movement, which triumphed after Mr. Grillo campaigned tirelessly while leading a powerful Web-based initiative that drew young people and first-time voters, as well as former supporters of Mr. Berlusconi, all united more by their anger at the current system than by any shared ideology.
The Five Star Movement drew votes that might have gone to the Democratic Party, especially after the Democratic Party’s leader, Pier Luigi Bersani, a former industry minister who grew up in the Communist Party, defeated Matteo Renzi, the charismatic 38-year-old mayor of Florence, in a party primary.
Davide Barillari, the Five Star Movement candidate for president of the Lazio region, said in a television interview that the so-called “Grillini” would not ally with any coalition, but would vote according to their own views on individual laws.
“People want to send them all home,” he said of the current Parliament. “Old politics is over.”
domenica 24 febbraio 2013
lunedì 18 febbraio 2013
Le due biografie di Flavio Briatore
Biografia (ufficiale) n1
Flavio Briatore nasce a Verzuolo (Cuneo) il 12 aprile 1950 da genitori entrambi maestri di scuola elementare. Conseguito il diploma di geometra, Briatore inizia a lavorare come agente assicurativo RAS a Ceva (CN). Nel 1974 si trasferisce a Cuneo dove intraprende l’attivita’ di dirigente della CONAFI, un’importante commissionaria di Borsa, dedicandosi al tempo stesso a un progetto imprenditoriale: lo sviluppo di un villaggio turistico in Sardegna, Isola Rossa, che un anno piu’ tardi vendera’ a un immobiliarista cuneese. Nel 1975 Briatore e’ socio fondatore di CUNEO LEASING, diventata la piu’ grossa societa’ di leasing in Italia ( sara’ poi acquistata dal gruppo De Benedetti). Nel 1977 entra in PARAMATTI, leader nel settore delle vernici, dove assume il ruolo di Amministrato Delegato, diventando allora il piu’ giovane AD di un’Azienda non familiare quotata in Borsa.Nel 1979 Briatore si trasferisce a Milano, dove collabora con il finanziereGiorgio Patroncini presso la Finanziaria Generale Italia.Intorno al 1980, Briatore viene coinvolto in vicende relative al gioco d’azzardo. Subisce una condanna che gli verra’ successivamente condonata. Nel 2010 Briatore ha ottenuto la riabilitazione dal Tribunale di Torino e ha anche provveduto a pagare interamente i danni a tutte le parti lese.
A metà degli anni 80, in America, grazie all'amicizia con Luciano Benetton ,conosciuto negli anni milanesi, Briatore apre alcuni negozi in franchising e collabora con Luciano all’espansione del marchio Benetton sul mercato americano.Nel 1989, la famiglia Benetton gli propone di andare in Inghilterra per dirigere la loro squadra di Formula 1, che era stata creata nel 1986 sulle ceneri della scuderia Toleman.Briatore accetta ed inizia così la sua brillante carriera con il Team, prima come Direttore Commerciale e subito dopo come Direttore Generale.
Briatore e’ il pioniere in Formula Uno di uno stile manageriale dinamico e innovativo: con l’intuizione che la Formula Uno deve essere anche spettacolo e business e non solo sport, punta sulla comunicazione e sul marketing, attirando sponsors e partners di prestigio. La squadra si rafforza e Briatore, sempre attento ai costi e imponendo budget contenuti alla squadra, cerca un giovane talento da far crescere assieme al Team. Nel 1991 ha l’intuizione di ingaggiare il giovane tedesco Michael Schumacher, che viene prelevato dalla Jordan e che in Benetton Formula diventa campione del mondo nel 1994. Nel 1995 Briatore forgia un’alleanza strategica con la Renault, che diventa motorista della squadra. Il 1995 segna il grande successo di Benetton Formula, che conquista il campionato costruttori e il campionato piloti.
Nel 1993 Briatore crea FB Driver Management, una società di gestione di piloti automobilistici ,che nel corso degli anni annovererà piloti come Fisichella, Trulli, Kubica Webber, Maldonado e tra i quali spicca il campione del mondo Fernando Alonso, che viene scoperto e ingaggiato dal talent-scout Briatore quando il giovane spagnolo aveva appena 18 anni.Alla fine della stagione 1994 Briatore rileva la squadra francese Ligier, la ristruttura portandola due anni dopo alla vittoria del Gran Premio di Montecarlo con il pilota Panis. Nel 1997 Briatore vende la Ligier ad Alain Prost e la squadra diventa Prost Grand Prix, per poi cessare di esistere nel 2002. Nel 1996 Briatore acquista anche la squadra Minardi e dopo averla ristrutturata, la rivende a Gabriele Rumi. Nello stesso anno Michael Schumacher passa da Benetton Formula alla Ferrari.Nel 1997 Briatore, in accordo con la famiglia Benetton lascia la squadra, vendendo le sue quote ai Benetton per finanziare e dedicarsi al suo nuovo progetto, sempre in Formula Uno. Crea Supertec, un’azienda che occupava oltre 200 dipendenti, destinata a diventare leader nella fornitura di motori alle squadre di Formula Uno. Dal 1998 al 2000, Supertec fornira’ motori a quattro squadre : Williams, Benetton, BAR e Arrows.
A metà anni Novanta, gli interessi e gli affari di Briatore si diversificano.Nel 1995, rileva il prestigioso marchio di calzature per bambino Kickers che rivenderà dopo breve tempo. Nel 1998 Briatore riporta in Italia il marchio Pierrel acquistandolo da una societa’ americana. Di fatto si trattava di un marchio farmaceutico con un piccolo stabilimento di produzione. Dopo aver messo a punto un innovativo modello di business con l’imprenditore Canio Mazzaro, nel 2006 la Pierrel entra in Borsa, con un’operazione di mercato di gran successo. Nel giro di pochi anni l’azienda acquista respiro internazionale e oggi impiega 500 persone in tutto il mondo. Recentemente la Divisione Ricerca del Gruppo Pierrel e’ stata selezionata tra le finaliste per l’Award piu’ prestigioso al mondo nel campo della Ricerca Clinica.Nel 2007 Briatore vende il pacchetto di maggioranza conservando pero’ una quota nella Pierrel.Nel 1998 Briatore apre un locale notturno in Costa Smeralda: Billionaire, subito eletto a ritrovo notturno preferito del Jet Set Internazionale. Billionaire diventa presto un marchio internazionale, sinonimo di glamour e intrattenimento di qualita’, che nel corso degli anni si e’ trasformato in una vera e propria holding del lusso, che comprende nightclubs, ristoranti, hotel e resorts e una linea di abbigliamento.Nel 2000, Briatore e’ l’artefice dell’acquisto da parte del Gruppo Renault di Benetton Formula. Nasce Renault F1 Team, e Briatore ne assume la direzione come Amministratore Delegato, aggiungendo nel 2002 anche la direzione generale di Renault Sport. La squadra, che conta oltre 1100 dipendenti, basati nei 2 Centri Tecnici in Inghilterra e in Francia, viene strutturata e rafforzata, con lo stile che contraddistingue il management di Briatore: budgets e costi contenuti, ottimizzazione delle risorse umane e una forte strategia di marketing e comunicazione . Con investimenti pari al quinto budget di quello degli altri team del paddock, Renault F1 cresce e nel 2005 conquista il campionato Piloti con Alonso e il campionato Costruttori. Lo strepitoso successo e la doppietta si ripetono l’anno successivo, 2006.
Nel 2005 Briatore ha l’idea di creare un nuovo campionato da affiancare alla Formula 1, la GP2 SERIES, con l’obiettivo che questa serie diventi un trampolino di lancio per piloti e tecnici di talento. GP2 in breve diventa la serie di motorsport più popolare e di prestigio dopo la Formula 1 (e, dalla quale, sono usciti piloti del calibro di Lewis Hamilton, Heiki Kovalainen, Nico Rosberg, Pastor Maldonado e Roman Grosjean). Nel 2010, all’apice del successo della GP2, Briatore la rivende a CVC, il gruppo gia’ proprietario della Formula Uno. Nel 2007 Briatore acquista con Bernie Ecclestone la squadra di calcio inglese Queens Park Rangers. Con un programma scaglionato su quattro anni, Briatore porta il QPR dal fondo della Champions’ league (serie B italiana) alla Premier League (serie A). Nel 2011, dopo le prime 3 partite disputate in Premier League, Briatore ed Ecclestone rivendono la squadra all’imprenditore malese Tony Fernandez. Nel luglio 2008 le squadre di Formula Uno si uniscono e formano la FOTA. Briatore assume nell’organizzazione, (presieduta da Luca di Montezemolo) il ruolo di Direttore Commerciale e di leader nelle discussioni con la FIA riguardo il futuro della Formula Uno. La FOTA ritiene necessarie nuove misure volte a diminuire lo spreco di risorse data la crisi economica globale, la diminuzione dei costi e un nuovo regolamento che renda piu’ spettacolare la Formula Uno. La FIA presenta una proposta che e’ inaccettabile per la FOTA e le due parti si scontrano. Dopo una runione, organizzata da Briatore nella sede di Renault F1 il 18 giugno 2009, gli 8 team della FOTA decidono di rigettare definitivamente le proposte della FIA in merito al campionato 2010, e dichiarano la volontà di creare un campionato alternativo. Viene raggiunto un accordo in extremis e al Consiglio Mondiale FIA del 29 giugno 2009, Max Mosley annuncia le sue dimissioni dalla Presidenza della FIA e dichiara che il regolamento del mondiale di Formula 1 2010 rimarra’ inalterato rispetto a quello del 2009.
Non a caso, il mese dopo, la FIA lancia un’inchiesta relativa a una gara risalente all’anno precedente, il Gran Premio di Singapore 2008, e accusa Briatore, come responsabile di Renault F1, di avere istigato il pilota Nelson Piquet jr ad andare fuori pista durante la gara per favorire la vittoria del compagno di squadra Alonso. Il 21 settembre 2009 FIA World Motor Sport Council ( pur confermando la vittoria di Renault F1 e di Fernando Alonso al Gran Premio in questione) decreta la radiazione di Briatore dalla Formula Uno e squalifica, con la condizionale, la scuderia francese.Briatore fa causa alla FIA e il 5 gennaio 2010 il Tribunal de grande instance di Parigi annulla la radiazione di Flavio Briatore, dichiarando non regolare il procedimento messo in atto dalla FIA, la quale viene condannata ad un risarcimento danni nei confronti di Briatore di 15,000 euro e a sbloccare la sospensione dello stesso dalla Formula 1 a partire dal Campionato 2013. Nel maggio 2010 viene sequestrato ad opera della Guardia di Finanza per evasione IVA (contrabbando), lo yacht Force Blue, di proprieta’ di una societa’ di cui e’ beneficiario Flavio Briatore. Alla base della contestazione della Procura della Repubblica di Genova, vi e’ il disconoscimento della natura di charterizzazione che lo yacht effettuava.
Nel luglio 2010 il giudice concede al Force Blue di riprendere l’ attivita’ commerciale, nominando un custode, in attesa della definizione del processo. E stata inoltre contestata un’ipotesi di truffa ai danni dello Stato con conseguente sequestro di 1.500.000 euro. La Corte di Cassazione ha annullato il provvedimento ritenendo inapplicabile il delitto di truffa con conseguente restituzione a Flavio Briatore della somma.
Nel 2011 continua l’espansione internazionale di Billionaire Life, che comprende anche Billionaire Italian Couture, il marchio di abbigliamento di lusso per uomo nato nel 2005. Billionaire Couture, una joint venture con il gruppo Percassi, è un gruppo in continua crescita che conta negozi in tutto il mondo.Nel Novembre 2011 viene aperto Billionaire Istanbul un locale notturno nel cuore della capitale.Nella primavera 2012 Briatore apre il prestigioso ristorante Cipriani a Monte Carlo, cui seguono tre locali estivi: Billionaire Marbella, Billionaire Bodrum e Billionaire Monte Carlo, mentre lo storico Billionaire Porto Cervo riscontra un’altra stagione di successo.In contemporanea, un nuovo ambizioso progetto sta avanzando: Billionaire Resort, un complesso residenziale di lusso sulle spiagge di Malindi, in Kenya, che affianchera’ l’Hotel & SPA Lion in the sun, che Briatore possedeva già da oltre 10 anni. Oggi Il Gruppo Billionaire Life impiega in tutto il mondo circa 1200 persone, in Europa ed in Africa.A settembre 2012 Briatore ha vestito i panni del Boss nella versione italiana del popolare TV show The Apprentice, che ha riscontrato enormi successi e che e’ gia’ diventato il programma ‘cult’ dell’anno.
Flavio Briatore ha avuto numerose relazioni con celebrità dello spettacolo e della moda, tra cui Naomi Campbell, e Heidi Klum.Dopo un breve matrimonio con una modella americana, oggi Briatore è sposato con la show girl Elisabetta Gregoraci, con cui si è unito in matrimonio il 14 giugno 2008 a Roma. La coppia ha un figlio, Nathan Falco, nato il 18 marzo 2010
Biografia (non ufficiale) n2
Ora è fuori dalla Formula 1, Flavio Briatore, dopo essere stato accusato di aver pianificato l’incidente volontario di Nelson Piquet jr, che il 28 settembre 2008 a Singapore ha fatto vincere la Renault di Fernando Alonso e ha soffiato il titolo alla Ferrari. Ma il personaggio ci ha abituato a repentine cadute e a rapide resurrezioni. Briatore ha una storia piena di sorprese, che parte dall’autobomba che nel 1979 uccide il suo primo datore di lavoro, il finanziere di Cuneo Attilio Dutto, e arriva fino ai rapporti con Marcello Dell’Utri.
Nel 2007 è stato interrogato a Palermo dal pubblico ministero Antonio Ingroia, nell’ambito di una indagine sul riciclaggio internazionale: «Ho conosciuto alcuni esponenti delle famiglie Gambino e Genovese, tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta», ha ammesso Briatore. «Ricordo di averli conosciuti in occasione di un concerto tenuto da Iva Zanicchi e Riccardo Fogli a Brooklyn, erano loro che avevano organizzato questa manifestazione, ma con costoro non ho mai avuto rapporti di nessun tipo». Ecco i passaggi cruciali della sua vita da Formula 1, tratti dal libro “Campioni d’Italia” (G. ?Barbacetto, Tropea editore).Partenza in salita. Giovanotto, a Cuneo lo ricordano un po’ playboy, un po’ gigolo. Il nomignolo che gli sibilano alle spalle, quando passa sotto i portici di corso Nizza, è Tribüla: in Piemonte si dice di uno che fa fatica, che si arrabatta. Ma Flavio Briatore ha fretta di arrivare. Gli sembra di aver fatto un bel salto quando diventa l’assistente di Attilio Dutto, che tra l’altro aveva rilevato la Paramatti Vernici, una ex azienda di Michele Sindona. Ma alle 8 di un mattino fine anni Settanta, Dutto salta in aria insieme alla sua auto: gran finale libanese per un piccolo uomo d’affari cuneese. La verità su quel botto del 1979 non si è mai saputa; in compenso sono fiorite leggende di provincia, secondo cui a far saltare in aria il finanziere sarebbe stato la mafia.
Di certo c’è solo che il Tribüla, dopo quel fuoco d’artificio, sparisce da Cuneo. Ricompare a Milano. Casa in piazza Tricolore, molta ricchezza esibita, occupazione incerta. Si dà arie da finanziere. Riesce a convincere il conte Achille Caproni a rilevare la Paramatti e ad affidargli la gestione della Cgi, la holding dei conti Caproni. Risultati disastrosi: la Paramatti naufraga nel crac; la Cgi lascia un buco di 14 miliardi. Briatore, però, non se ne preoccupa: per un certo periodo si presenta in pubblico come discografico, gira per feste e salotti con una cantante al seguito: Iva Zanicchi.Milano da bere. Il Tribüla continua faticosamente a inseguire il colpo grosso, a sognare il grande affare. Nell’attesa, trova una compagnia da Amici miei con cui tira scherzi birboni ai polli di turno, spennati al tavolo verde. Cadono nella rete, tra gli altri, l’imprenditore Teofilo Sanson, quello dei gelati, il cantante Pupo, l’ex presidente della Confagricoltura Giandomenico Serra (che perde un miliardo tondo tondo, in buona parte in assegni intestati a Emilio Fede).
Un gruppo di malavitosi di rango, eredi del boss Francis Turatello, aveva pianificato una truffa alla grande e Briatore era a capo di quello che i giudici chiamano “il gruppo di Milano”. Il gioco s’interrompe con una retata, una serie d’arresti, un’inchiesta giudiziaria e un paio di processi. Fede è assolto per insufficienza di prove, Briatore è condannato in primo grado a un anno e sei mesi a Bergamo, a tre anni a Milano. Ma non si fa un solo giorno di carcere, perché scappa per tempo a Saint Thomas, nelle isole Vergini, e poi una bella amnistia all’italiana cancella ogni peccato. Cancella anche dalla memoria un numero di telefono di New York (212-833337) segnato nell’agenda di Briatore accanto al nome “Genovese” e riportato negli atti giudiziari del processo per le bische: «È un numero intestato alla ditta G&G Concrete Corporation di John Gambino. Tanto il Gambino quanto il Genovese sono schedati dagli uffici di polizia americana quali esponenti di rilievo nell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra».Generali in giro. Nei primi anni Ottanta, il Tribüla entra anche nella vicenda complicata di un pacchetto di oltre 330 miliardi di azioni delle Generali. Protagonisti: Mazed Rashad Pharson, sceicco arabo, e Florio Fiorini, padrone della Sasea ed ex manager Eni. Il pacchetto di Generali passa di mano per sette anni, prima di tornare in Italia, perché diventa la garanzia di opache transazioni internazionali: di petrolio tra la Libia e l’Eni, di armi ed elicotteri da guerra che dopo qualche triangolazione finiscono a Gheddafi malgrado l’embargo. La vicenda è rimasta oscura. Certo è che, nel suo giro del mondo, il superpacchetto di Generali è passato anche per una sconosciuta fiduciaria milanese, la Finclaus, fondata nel 1978 da Luigi Clausetti, ma per qualche tempo nelle mani di Flavio Briatore.Donne e motori. Dopo l’“incidente” delle bische, Flavio, ricercato, condannato e latitante, proprio alle isole Vergini spicca il volo definitivo verso il successo. Prima della tempesta, ai bei tempi della casa di piazza Tricolore, aveva conosciuto Luciano Benetton.
A presentarglielo era stato Romano Luzi, maestro di tennis di Silvio Berlusconi e poi suo fabbricante di fondi neri. Briatore apre alle isole Vergini qualche negozio Benetton, ma fa rapidamente carriera. Come venditore è bravo, la sua specialità sono però gli affari off shore. E che cosa c’è di più off shore della Formula 1? All’inizio degli anni Novanta prende in mano la scuderia Benetton, nata sulle ceneri della Toleman. «La Formula 1 non è uno sport, è un business», ripete il Tribüla ormai arrivato al successo. Da questo business (off shore per definizione, fuori da ogni regola e da ogni trasparenza) sa spremere miliardi. E anche successi sportivi: nel 1994 e nel 1995, con Michael Schumacher come pilota, vince il titolo mondiale. A Londra, dove prende casa, Flavio diventa amico di Bernie Eccleston, il re della Formula 1, ma anche di David Mills, l’avvocato londinese specialista nella costruzione di sistemi finanziari internazionali “riservati”, che ha lavorato per Berlusconi, ma anche per la Benetton.Stinchi di santo. Negli anni Novanta, Briatore finisce dritto in una megainchiesta antimafia dei magistrati di Catania. Niente di penalmente rilevante, intendiamoci; ma la sua voce resta registrata in conversazioni con personaggi come Felice Cultrera, uomo d’affari catanese ritenuto all’epoca vicino al boss di Cosa Nostra Nitto Santapaola. Nel maggio 1992, Cultrera si offre come mediatore di un contrasto nella fornitura di motori che era scoppiato tra Briatore e Cipriani jr (il figlio di Arrigo, quello dell’Harris Bar), che diceva di avere alle spalle boss come Angelo Bonanno, Tommaso Spadaro, Tanino Corallo. Pochi mesi dopo, il 10 febbraio 1993, una bomba esplode (è la seconda, nella vita di Briatore) davanti alla porta della sua splendida casa londinese in Cadogan Place, distruggendo una colonna del porticato, sporcando di calcinacci i libri finti della libreria e facendo saltare i vetri tutt’attorno. Ma i giornali inglesi scrivono che Flavio non c’entra: è solo una “piccola bomba” dell’Ira.di Gianni Barbacetto
(da il Fatto Quotidiano n°5 del 27 settembre 2009)
IL SAGGIO ANDREOTTI DICEVA.. "QUALCHE VOLTA A PENSAR MALE SI FA BENE"..
lunedì 11 febbraio 2013
domenica 10 febbraio 2013
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